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Ancora su fotografia e intelligenza artificiale

In un precedente post (…articolo) avevamo impostato una riflessione sulla “proprietà” delle fotografie (meglio, dei diritti d’autore) prodotte con l’Intelligenza artificiale ma non avevamo fatto i conti con l’oste, sarebbe a dire le piattaforme che permettono l’accesso al programma di I.A.
Attualmente ci sono tre piattaforme di I.A. che permettono di operare (sia gratuitamente che a pagamento) ed esattamente: Dalle-2 ; Stable Diffusion ; Midjourney.
Quando si accede a queste piattaforme (non differentemente da altri programmi di elaborazioni, così come ai vari social) mediante un’iscrizione e l’apertura di un account, si sottoscrive un contratto le cui clausole sono imposte dal gestore e non si possono discutere.
Si accettano o si respingono (e si va su altra piattaforma).
Così succede anche per tutti social che sono in rete.
Qui ci occupiamo solo di quanto dicono sulla possibilità di utilizzo delle immagini prodotte, dopo faticosa ricerca all’interno dei “Term of Use”.
DALLE2
Qui il produttore delle immagini (forse autore, forse no, come abbiamo visto nel precedente articolo) è “proprietario” delle fotografie prodotte e le può pubblicare liberamente a patto di indicare (comunque viene inserito un segno di riconoscimento in automatico) che sono state generate con questo sistema di I.A.
Inoltre, le fotografie prodotte non devono violare gli standard della piattaforma (non devono esser violente, offensive, pornografiche, ecc.)
STABLE DIFFUSION
Qui le immagini sono definite “contributi generati dagli utenti” e sono in proprietà esclusiva di chi la creati, senza alcun altro diritto della piattaforma.
Inoltre (udite, udite) l’utente dichiara di esser titolare di tutti i diritti sulle immagini utilizzate: e qui non si comprende se si riferisca alle immagini finali o alle immagini (o parte di esse) utilizzate per creare quella finale.
Per il primo caso, è un riconoscimento della legittima ed unica proprietà intellettuale in capo all’operatore.
Ma se fosse il secondo caso, sarebbe uno scaricabarile senza senso in quanto la piattaforma si deresponsabilizza e si chiama (inutilmente) fuori da ogni eventuale controversia con ogni autore delle foto utilizzate per creare la nuova foto.
MIDJOURNEY
Qui, la proprietà (anche intellettuale) delle immagini è in capo all’utilizzatore che ne ha anche tutti i diritti patrimoniali mentre alla piattaforma viene concessa una licenza di uso delle opere prodotte simile a quella di Facebook e Instagram: perpetua, non esclusiva, globale, gratuita, di riproduzione, di pubblicazione e quant’altro.
A quanto sembra, la confusione sotto il sole è massima ma la domanda è sempre quella: cosa usa l’I.A. per far produrre le foto all’utente?
A ben ragione, lo scorso mese, Getty Images ha proibito a Dalle-2 di andare a saccheggiare il proprio archivio per dare materiale ai propri utenti.
Per cui, se vuoi, paghi…

Avv. Massimo Stefanutti
Diritto della fotografia e della proprietà intellettuale
 riproduzione riservata

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Le fake sentenze

Il genio italico mi sorprende sempre ma il mio “stupor mundi”, alcune volte, mi fa veramente arrabbiare, soprattutto quando si tratta di sentenze in materia di fotografia.
Questa volta è la Corte d’Appello di Milano che, con una sentenza del maggio 2022 (n. 1445) afferma la possibilità di riprodurre di una fotografia quale “esempio” di tante altre esistenti, in relazione ad un evento di attualità.
Più precisamente, l’appellante aveva riprodotto una fotografia in un articolo dedicato alla “fake news” e tale immagine era stata utilizzata quale esempio di altre fotografie simili che circolavano in rete e che erano spacciate come vere, quando erano dei falsi.
La Corte si basa sull’art.65, secondo comma, Legge sul Diritto di autore che dice:
“La riproduzione o comunicazione al pubblico di opere o materiali protetti utilizzati in occasione di avvenimenti di attualità è consentita ai fini dell’esercizio del diritto di cronaca e nei limiti dello scopo informativo, sempre che si indichi, salvo caso di impossibilità, la fonte, incluso il nome dell’autore, se riportato.””
La lettura (anche da inesperti) della norma conduce a esiti assolutamente differenti, tenendo anche presente che si tratta di una eccezione al diritto di autore e, in quanto tale, non suscettibile di una interpretazione analogica.
I presupposti sono:
a) L’avvenimento di attualità: e qui il concetto deve ben delimitato nel senso che l’avvenimento di attualità è qualcosa che accade, qui ed ora, e non tanto un tema generale del mondo reale; e dev’essere anche un fatto preciso e circonstanziato nel tempo. Le “fake news” esistono da quando esiste il mondo!
b) Le opere protette devono esser utilizzate in occasione dell’avvenimento: a titolo di esempio, il reporter che documenta l’inaugurazione di una mostra fotografica di Gianni Berengo Gardin (senza dubbio produttore di opere fotografiche protette) potrà riprendere le fotografie esposte e inviarle al giornale per la pubblicazione o la comunicazione in rete, in collegamento con l’evento, senza dover chiedere al fotografo una specifica autorizzazione;
c) L’utilizzo delle riproduzioni delle opere protette deve esser finalizzato al diritto di cronaca (informare sull’evento) e nei limiti dello scopo informativo (e non anche per scopi culturali, didattici, sociali, ecc.).
Pertanto, una bella scivolata giuridica, con la speranza che non diventi una linea giurisprudenziale seguita da altri giudici.
Già le norme in materia di fotografia sono obsolete, imprecise ed inattuali, se ci si mettono anche i Giudici con interpretazioni al di là di ogni logica, il povero fotografo (che lavora per vivere e pagarsi le bollette) non ha più scampo.
Avv. Massimo Stefanutti
Diritto della fotografia e della proprietà intellettuale
 riproduzione riservata

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La street art e i muri di cemento

Una recente sentenza (maggio 2022) del Tribunale di Torino ha posto un altro tassello giuridico sulla controversa questione della street art e la sua relazione con il reato di cui all’art. 639 del codice penale, rubricato come “Deturpamento ed imbrattamento di cose altrui”.
BLU è un noto writer e artista europeo.
Nel 2015 veniva sorpreso, in Val di Susa, mentre realizzava un grande murale in un sottopasso ferroviario: la sentenza descrive il murale come un treno-serpente che si morde la coda, evidente critica alla TAV Torino-Lione.
La decisione è lineare nell’affrontare il caso mediante quel parametro di giudizio esterno alla coscienza giuridica del giudice cui rapportare la presente fattispecie: per sentenziare (positivamente o negativamente) sui verbi “deturpare” o “imbrattare” il riferimento dev’essere, se non tanto all’arte, alla qualità estetica dell’opera.
L’apprezzamento artistico è, senza dubbio, un giudizio valoriale caratterizzato da notevoli difficoltà concettuali e soggetto ad interpretazioni mutevoli nel tempo e nella forma, ma, nel caso di specie, il Giudice è stato anche supportato da un’intelligente strategia difensiva, realizzatasi nella testimonianza del Prof. Tomaso Montanari che ha portato la propria indubbia competenza nel settore.
Alla fine, la sentenza ha concluso con l’assoluzione dell’artista, negando “l’alterazione in senso peggiorativo della cosa altrui” e negando al muro di cemento…una dignità artistica che, invece, ha riservato “all’opera firmata dalla mano di un artista di fama” sul medesimo muro.
Avv. Massimo Stefanutti
Diritto della fotografia e della proprietà intellettuale
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Juventus-NFT, 1 a 0, su calcio di rigore

NFT non è una nuova squadra, italiana o europea, quanto i c.d. NON-FUNGIBLE TOKEN.
Secondo una corretta definizione (vds. EUIPO Draft Guidelines 2023 edition su https://euipo.europa.eu/ohimporta/nl/draft-guidelines-2023) gli NFT sono “certificati digitali unici, registrati in una blockchain, utilizzati come mezzo per registrare la proprietà di un oggetto, come un’opera d’arte digitale o un oggetto da collezione”.
E qui la Juventus ha vinto nelle aule del Tribunale di Roma in seguito ad un ricorso cautelare ed ha ottenuto un’ordinanza inibitoria alla creazione e commercializzazione di NFT in violazione di marchi registrati contro una società che vendeva NFT associati a figurine dei calciatori digitali nei quali erano riprodotti i predetti calciatori con la maglia della squadra, sulla quale era ben visibile il marchio della squadra di calcio.
La decisione del Tribunale di Roma è (forse) la prima anche in Europa (vi sono precedenti in Turchia e a Singapore) ed anticipa altre sentenze attese negli Stati Uniti (casi Hermes/Mason Rothschild e Nike/Stock X).
I singoli dicta della decisione sono veramente interessanti e varranno quale precedente:
1) Il marchio Juve è notorio e la pubblicazione in classe 9 comprende anche gli NFT (nella legge marchi la tutela opera qualora il marchio sia iscritto in quella classe ed ogni classe corrisponde ad una ipotesi ben specifica);
2) Gli NFT sono “beni” destinati alla vendita commerciale e tale commercializzazione necessita di una autorizzazione da parte del titolare del marchio, qualora lo contengano;
3) Distingue tra NFT e contenuto dell’NFT: in sintesi, il certificato digitale potrebbe anche esser legittimo se attestante la proprietà del bene digitale soprastante ma potrebbe anche non esser tutto questo; potrebbe (come nel caso di specie sanzionato) essere una contraffazione, intesa come riproduzione e commercializzazione non autorizzata.
A titolo di esemplificazione, acquistare una maglietta digitale della Juventus legittimamente venduta e avere il certificato di proprietà (NFT) sarebbe legittimo e così poi rivendere anche il solo NFT; ma non sarebbe legittimo se la maglietta fosse contraffatta in violazione della legge marchi.

Avv. Massimo Stefanutti
Diritto della fotografia e della proprietà intellettuale
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Di chi sono le fotografie prodotte dall’Intelligenza Artificiale?

Già il titolo nasconde un trabocchetto: l’Intelligenza Artificiale può esser considerata “autore” con applicazione delle varie e diverse normative nazionali sul diritto d’autore?
Ed ancora, siamo ben sicuri che il groviglio giuridico/informatico su questa materia sia ben dipanato e non incorriamo, invece, in dannosi fraintendimenti su questo o quell’aspetto.
L’I.A. non è un essere umano dotato di scienza e coscienza ma solo una “macchina” governata da un algoritmo che dà dei risultati reali.
Alla base (o all’inizio) del processo informatico ci sono sempre uomini che progettano la macchina che scrivono l’algoritmo; in mezzo al medesimo processo ci sono uomini che usano la macchina e che producono risultati; alla fine del processo c’è un risultato, che nessuno sa dire se “fatto” solo dalla macchina, solo dall’uomo, o se entrambi.
Per cui, le idee sono confuse, ad ogni livello.
Tradizionalmente la macchina non viene riconosciuta come “autore” (come, peraltro, nel diritto d’autore, la persona giuridica); autore è solo l’essere umano, fisico.
Attualmente tutte le legislazioni negano tale autorialità all’I.A.
Ma la macchina è istruita e governata da persone: questa attività può esser oggetto del diritto d’autore? Precisiamo che il diritto d’autore ha come oggetto l’opera, non le idee, i procedimenti e, pertanto, dobbiamo sempre rapportarci al risultato, al prodotto finale.
Il diritto d’autore italiano (L. 633/1941) protegge le opere dell’ingegno a carattere creativo: il discrimine tra opera tutelata e non tutelata è la creatività, qualunque cosa voglia dire questo concetto, applicato anche ai campi più disparati dell’attività umana.
Ma l’I.A. può produrre un’opera creativa?
Se seguiamo il percorso (riferiamoci alla fotografia, per semplicità) l’operatore (forse futuro “autore”) dà delle istruzioni alla macchina che, mediante l’algoritmo, produce un certo risultato (una foto) che, spesso, è al di fuori del perfetto controllo dell’utilizzatore.
Ciò in quanto l’algoritmo non solo è programmato per fare certe cose e non altre, ma anche perché, per produrre una foto, deve usare altre foto che il programmatore gli ha messo a disposizione.
L’I.A. non inventa nulla, usa materiale che ha a disposizione (il fatto che possa utilizzare qualunque cosa vi sia in rete è una nuova leggenda metropolitana); in sintesi, copia pezzi (pixel) di altre opere per creare una nuova opera.
Di qui una conseguenza (secondo il diritto d’autore) : se il programmatore ha la disponibilità dei diritti patrimoniali d’autore, legittimamente potrà trasferire tali diritti all’utilizzatore, che potrà anche dirsi autore se l’opera finale è creativa.
Ma se questi diritti non li possiede, la nuova opera sarà una contraffazione delle precedenti dalle quali ha attinto.
Le eccezioni? Tantissime, a cominciare dal “fair use” nell’ordinamento statunitense.

Avv. Massimo Stefanutti
Diritto della fotografia e della proprietà intellettuale
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Considerazioni intorno all’Album di fotografia di Matrimonio. La Collezione Massimo Stefanutti.

anteprima video

Una riflessione condivisa intorno alla Fotografia di Matrimonio, uno dei settori più floridi della fotografia commerciale e parte della fotografia familiare, a partire dalla vasta collezione di Album di Fotografie di Matrimoni del fotografo e avvocato Massimo Stefanutti con commenti di Michele Smargiassi , giornalista e autore.

Coordina Antonella Russo storica della fotografia@Antonella Russo fotografia assistenza tecnica V. Iandolino

Durata del video: 58:11s.

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NFT ARTE E DIRITTO

NFT ARTE E DIRITTO

Gli NFT (non-fungible tokens) sono la nuova frontiera dell’arte (e del mercato…). In questo video, che è una sintesi della serata del 10 dicembre 2021 al Circolo Fotografico La Gondola a Venezia, l’Avv. Massimo Stefanutti, esperto nel diritto della fotografia e nel diritto d’autore e Andrea Morucchio, fotografo ed artista visuale, entrambi veneziani, colloquiano e si confrontano su questo nuovo ed importante argomento.

Durata del video 1:13:26

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AI-DA

AI-DA

AI-DA, non è il titolo dell’omonima opera lirica di Giuseppe Verdi, ma il nome della robot-artista dalle sembianze umane, il cui arresto avvenuto in Egitto, ad opera dalle forze di polizia locale, per spionaggio internazionale, è risuonato negli organi di stampa di tutto il mondo qualche settimana fa. 

A destare sospetto sono stati i suoi occhi, non per la loro indiscussa bellezza, ma per le telecamere in essi installate, attraverso le quali AI-DA acquisisce immagini, le elabora e successivamente, con il movimento delle braccia crea le sue opere d’arte. AI-DA era infatti volata in Egitto, insieme al suo creatore, Aidan Meller, per partecipare ad una mostra d’arte contemporanea che avrebbe dovuto svolgersi ai piedi delle celebri piramidi di Giza.

Questo avvenimento oltre a suscitare grande ilarità in chi lo legge, pone in verità un fondamentale e allo stato irrisolto problema: può un robot o comunque più ampiamente un sistema di Intelligenza Artificiale, essere considerato penalmente responsabile per azioni, che se commesse, dall’uomo darebbero luogo a reato, come quello di spionaggio internazionale previsto da molti ordinamenti giuridici di quasi tutti gli stati del mondo?

La risposta banale che ad ognuno di noi verrebbe spontanea sarebbe certamente no, ma si tratta di una risposta semplicistica e che non tiene conto delle grandi potenzialità dei sistemi di intelligenza artificiale di raggiungere, in modo autonomo, risultati ulteriori, migliori o peggiori, rispetto a quella che sarebbe stata l’intenzione del loro creatore. 

Vorrei sottoporre al lettore alcune brevi riflessioni senza la pretesa di esaurire, in queste brevi righe, un tema che presenta un’elevata complessità e che richiederebbe molto più tempo e spazio.

Prima di addentrarci nelle questioni della responsabilità penale, ma anche civile, per azioni poste in essere in modo autonomo dai sistemi di Intelligenza Artificiale (in breve anche IA), occorre soffermarsi sulle caratteristiche di queste evolute tecnologie che stanno sempre più pervadendo la vita di ciascuno di noi.

Per quanto qui di interesse, possiamo dire che l’IA è un sistema di tecnologie  complesso creato mediante algoritmi, attraverso il quale è possibile acquisire tutta una serie di dati della realtà o dell’ambiente che la macchina, grazie a tecniche di machine learning e deep learning, elabora per poi produrre, in modo autonomo, un risultato, un’azione o una decisione ( gli esperti parlano di “emergence”), capace di modificare l’ambiente e la realtà anche al di là delle previsioni dei suoi creatori/utilizzatori.

Ci si chiede allora chi risponde degli eventuali eventi lesivi di beni giuridici altrui quando l’IA agisce in modo autonomo?

Si pensi ad es.  al caso dell’incidente stradale provocato nello scorso aprile nel Texas dall’auto a guida autonoma ove persero la vita due persone. È dunque evidentemente che nel caso di specie l’agente artificiale è il diretto esecutore dell’azione che ha provocato la morte dei due soggetti sopra citati; se il fatto fosse accaduto in Italia, ci troveremmo di fronte ad una ipotesi di reato di omicidio colposo. 

Considerato che secondo il nostro ordinamento giuridico e, allo stato, anche secondo  quello europeo, l’IA non è munita di personalità giuridica (com’è invece per es. per le società), chi deve rispondere di questo tipo di reato?  Il creatore dell’IA? Il suo realizzatore? Il venditore? Il suo utilizzatore?

Indubbiamente questi soggetti potranno rispondere di eventi lesivi che siano il risultato di una loro decisione e di una loro scelta, più complesso diventa delineare una loro responsabilità per quegli eventi che sono causati dal comportamento autonomo della macchina.

Una delle ipotesi avanzate dagli studiosi è quella di ricorrere alla normativa sulla responsabilità civile e penale per prodotti difettosi. Tuttavia occorre subito dire che tale legge potrà trovare applicazione solo nei casi in cui vi sia un difetto di progettazione o di fabbricazione del sistema di IA, ma non potrà essere applicata anche per tutti quei comportamenti che sono il risultato “ulteriore” dell’attività di apprendimento della macchina. 

Altri studiosi hanno suggerito di attribuire personalità giuridica (elettronica) almeno a quei robot che hanno la capacità di prendere autonome decisioni.

Alla luce di quanto sin qui affermato appare evidente che il nostro ordinamento giuridico registra un vuoto normativo, al quale si dovrà far fronte imponendo degli obblighi di controllo e di corretto utilizzo ai vari soggetti che intervengono nel processo di creazione prima e di utilizzazione poi dei sistemi di IA, allo scopo di prevenire quei comportamenti emergenti della macchina che possano dar luogo a lesioni dei beni giuridici altrui. 

La soluzione proposta di attribuire alla macchina una distinta personalità giuridica, sembra difficile da percorrere, soprattutto nel campo della responsabilità penale, non solo perché sarebbe complicato, se non addirittura impossibile, accertare l’elemento soggettivo del reato commesso dall’agente artificiale, quale la colpa o il dolo, ma anche perché, la sanzione penale che gli dovrebbe essere applicata, ha, nel nostro sistema giuridico, delle funzioni, quali per es. la rieducazione del colpevole che ci sembrano almeno, allo state dell’arte, impossibili da attuare da un robot o da un sistema di IA comunque denominato, privo della coscienza di cui è munito invece l’agente umano. 

Non ci resta per il momento che affidarci alle tre leggi della robotica di Isaac Asimov, biochimico e scrittore di fantascienza.

Avv. Marilena Zanon

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NFT, una nuova frontiera per la “certezza del diritto” nell’arte?

NFT

Negli ultimi mesi, sull’onda della celebrità delle valute virtuali, sono state sviluppate iniziative informatiche che vanno a toccare i campi più disparati.

Grazie al perfezionamento della tecnologia informatica basata sulla blockchain (in poche parole, un sistema di computer collegati tra loro che, formando una rete di connessioni, possono creare oggetti informatici non modificabili dopo la loro creazione se non con il consenso di tutti i partecipanti alla catena) alcuni soggetti hanno ben pensato di applicare questi concetto ( e il loro risultato ) anche al campo dell’arte.

Così è stato creato un nuovo tipo di  token non fungibile (non fungibile-token o NFT) che non è altro che una particolare categoria di token crittografico che rappresenta qualcosa di unico e non sostituibile.

E questo token viene poi, nel suo primo campo di applicazione, collegato ad un’opera d’arte (sia fisica che digitale).

E quale sia il ruolo e la sua efficacia nel campo dell’arte, dipende da chi lo sua: infatti il contenuto di questo token immodificabile, può esser il più vario.

Può contenere informazioni sul suo autore, sul prezzo, sulla provenienza, sulle precedenti vendite, sui diritti d’autore trasferiti, ecc.

Può esser, anche, in grado di dare una prova (certa e incontestabile) dell’autore dell’opera, risolvendo alla radice ogni problema sull’autenticità.

Un NFT può essere, quindi, una sorta di certificato dell’autenticità dell’opera, sia essa un video, un file di testo, un file musicale, una fotografia, il tutto digitale. 

Non è l’opera in sé (che resta confinata in un computer) ma un attestato crittografico, unico, non riproducibile, agganciato ad una “blockchain” e dotato di un unico (ed irreperibile) codice hash.

E tale certificato viene venduto e trasferito e con esso i diritti sull’opera d’arte (che potrebbe anche mai entrare nella disponibilità materiale del proprietario).

In fondo (ma non solo…) è la versione crittografica e digitale del vetusto certificato di autenticità che supporta la circolazione delle opere fisiche, nel mercato.

Ma, a differenza di questo, ha delle caratteristiche positive di non corruttibilità ma anche le vecchie caratteristiche negative del certificato di autenticità: la esistenza (anzi la sua validità) è fondata sulla fiducia tra l’artista e il fruitore relativamente all’unicità dell’opera (rectius: alla circolazione di un’opera unica e non di un multiplo).

Ma c’è anche un aspetto più interessante e, credo, che questo sarà il futuro di questo token. Esattamente la coincidenza tra il token e l’opera d’arte sarebbe a dire che il token è la medesima opera d’arte.

La foto, il video, ecc. vengono creati come token ed immessi sul mercato come token.

Il token, allora, contiene l’opera e tutte le informazioni inerenti: tali informazioni (come l’opera) saranno certe (qui certezza vuol dire originarietà, non verità delle informazioni medesime) all’infinito, fino a che non vengano modificate (o implementate) all’interno della blockchain.

Provate a pensare al designer che disegna un nuovo vestito e inserisce il modello all’interno della blockchain, bloccandolo per sempre, rendendolo certo, sia come autore che come data di creazione.

Per qualche bell’esempio: www.morucchio.com.

Da qui, il futuro è già dietro le nostre spalle!

Avv. Massimo Stefanutti

© Riproduzione riservata.


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