Di chi sono le fotografie prodotte dall’Intelligenza Artificiale?

Già il titolo nasconde un trabocchetto: l’Intelligenza Artificiale può esser considerata “autore” con applicazione delle varie e diverse normative nazionali sul diritto d’autore?
Ed ancora, siamo ben sicuri che il groviglio giuridico/informatico su questa materia sia ben dipanato e non incorriamo, invece, in dannosi fraintendimenti su questo o quell’aspetto.
L’I.A. non è un essere umano dotato di scienza e coscienza ma solo una “macchina” governata da un algoritmo che dà dei risultati reali.
Alla base (o all’inizio) del processo informatico ci sono sempre uomini che progettano la macchina che scrivono l’algoritmo; in mezzo al medesimo processo ci sono uomini che usano la macchina e che producono risultati; alla fine del processo c’è un risultato, che nessuno sa dire se “fatto” solo dalla macchina, solo dall’uomo, o se entrambi.
Per cui, le idee sono confuse, ad ogni livello.
Tradizionalmente la macchina non viene riconosciuta come “autore” (come, peraltro, nel diritto d’autore, la persona giuridica); autore è solo l’essere umano, fisico.
Attualmente tutte le legislazioni negano tale autorialità all’I.A.
Ma la macchina è istruita e governata da persone: questa attività può esser oggetto del diritto d’autore? Precisiamo che il diritto d’autore ha come oggetto l’opera, non le idee, i procedimenti e, pertanto, dobbiamo sempre rapportarci al risultato, al prodotto finale.
Il diritto d’autore italiano (L. 633/1941) protegge le opere dell’ingegno a carattere creativo: il discrimine tra opera tutelata e non tutelata è la creatività, qualunque cosa voglia dire questo concetto, applicato anche ai campi più disparati dell’attività umana.
Ma l’I.A. può produrre un’opera creativa?
Se seguiamo il percorso (riferiamoci alla fotografia, per semplicità) l’operatore (forse futuro “autore”) dà delle istruzioni alla macchina che, mediante l’algoritmo, produce un certo risultato (una foto) che, spesso, è al di fuori del perfetto controllo dell’utilizzatore.
Ciò in quanto l’algoritmo non solo è programmato per fare certe cose e non altre, ma anche perché, per produrre una foto, deve usare altre foto che il programmatore gli ha messo a disposizione.
L’I.A. non inventa nulla, usa materiale che ha a disposizione (il fatto che possa utilizzare qualunque cosa vi sia in rete è una nuova leggenda metropolitana); in sintesi, copia pezzi (pixel) di altre opere per creare una nuova opera.
Di qui una conseguenza (secondo il diritto d’autore) : se il programmatore ha la disponibilità dei diritti patrimoniali d’autore, legittimamente potrà trasferire tali diritti all’utilizzatore, che potrà anche dirsi autore se l’opera finale è creativa.
Ma se questi diritti non li possiede, la nuova opera sarà una contraffazione delle precedenti dalle quali ha attinto.
Le eccezioni? Tantissime, a cominciare dal “fair use” nell’ordinamento statunitense.

Avv. Massimo Stefanutti
Diritto della fotografia e della proprietà intellettuale
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